Dal Blog Aspettando Pechino
"Oggi non è più in primo piano l'orgoglio nero, ma l'orgoglio umano. Anche in Cina, ci sono le Olimpiadi, è un bel modo per accendere i riflettori lì", ora "ognuno ha a disposizione un discorso dopo la medaglia, hanno davanti il mondo e possono comunicare. Non è più tempo per i gesti. Stiamo ad ascoltare" sono alcuni dei passaggi dell'interessante intervista a Tommie Smith pubblicata oggi da La Stampa.
Ma, per i più giovani, facciamo un balzo di 40 anni indietro: Messico 1968, un'Olimpiade che arriva in un momento di grandi fermenti. Gli Stati Uniti affrontano altri fantasmi; non la nuova povertà e la violazione dei diritti umani in nome della lotta al terrorismo ma la guerra in Vietnam e la lotta per i diritti civili degli afroamericani. Il 4 aprile di quello stesso anno viene assassinato Martin Luther King, leader del movimento non violento per i diritti dei neri, il 6 giugno viene assassinato Robert Kennedy, candidato alle presidenziali contrario al conflitto in Vietnam e sostenitore dei diritti civili e dell'uguaglianza razziale.
Le Olimpiadi iniziano tra le tensioni: alcuni giorni prima della Cerimonia di Apertura una rivolta studentesca viene sedata nel sangue dall'esercito messicano in Piazza delle Tre Culture, centinaia di civili perdono la vita.
In questo clima, Tommie Smith vince la medaglia d'oro sui 200 metri con il tempo di 19"83, primo uomo al mondo a scendere sotto il limite di 20", precedendo l'australiano Peter Norman e il connazionale John Carlos. Durante la cerimonia di premiazione, Smith e Carlos salgono sul podio scalzi e ascoltano il loro inno nazionale chinando il capo e sollevando un pugno con un guanto nero, a sostegno del movimento denominato Olympic Project for Human Rights (Progetto Olimpico per i Diritti Umani). Per decisione del presidente del CIO, Avery Brundage, Smith e Carlos furono sospesi dalla squadra americana con effetto immediato ed espulsi dal Villaggio olimpico.
